Castello Ammersoyen

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Castello Ammersoyen
(NL) Kasteel Ammersoyen
Stato attualeBandiera dei Paesi Bassi Paesi Bassi
CittàAmmerzoden
IndirizzoKasteellaan 1
Coordinate51°45′05.4″N 5°13′45.84″E / 51.7515°N 5.2294°E51.7515; 5.2294
Mappa di localizzazione: Paesi Bassi
Castello Ammersoyen
Informazioni generali
Tipofortezza sull'acqua
Inizio costruzione1350 ca.
CostruttoreDirk van Herlaer
Materialemattone
Visitabile
Sito webwww.kasteel-ammersoyen.nl/
[1]
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Ammerzoden: il castello Ammersoyen
Un'ala del castello
L'ala interna del castello

Il castello Ammersoyen (in olandese: Kasteel Ammersoyen) è uno storico edificio della cittadina olandese di Ammerzoden (comune di Maasdriel) , nella provincia della Gheldria, costruito a partire dalla metà del XIV secolo[1][2] Fu la residenza delle famiglie Van Herlaer e Van Arkel e alla fine del XIX secolo fu adibito a convento.[1][2]

L'edificio è classificato come rijksmonument nr. 8104.[3]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

L'edificio, situato lungo il fiume Mosa[2], si presenta come un tipico castello sull'acqua dalla forma quadrangolare e dalle facciate della lunghezza di circa 25 metri.[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

L'edificio fatto costruire intorno al 1350, fu probabilmente un certo Dirk van Herlaer.[1][2]

Nel 1384, il castello divenne di proprietà di Arnd van Hoemen.[1].

Nel 1386, la famiglia Van Herlaer perse il castello, che divenne di proprietà del duca di Gheldria.[2] In seguito passò al figlio illegittimo di quest'ultimo, che lo cedette a Johan van Broekhugen.[2]

Nel 1590, il castello sarebbe stato, a quanto si dice, gravemente danneggiato da un incendio, incendio che avrebbe causato in seguito anche la morte di Joris van Arkel, signore di Ammersoyen.[2] Questo fatto non è però storicamente provato ed è legato ad una leggenda (v. sotto).[1]

A causa della mancanza di fondi l'opera di restauro poté essere intrapresa dalla famiglia Van Arkel soltanto nel corso del XVII secolo.[2]

Nel 1672, Thomas van Arkel pagò ai Francesi, che avevano invaso i Paesi Bassi e dato alle fiamme numerosi castelli, la cifra di 7.000 fiorini, affinché risparmiassero il castello Ammersoyen.[2]

Il castello Ammersoyen nel 1734 in un dipinto di Abraham de Haen

Nel 1873, il castello divenne di proprietà della Chiesa e fu trasmormato in un convento che ospità l'ordine monastico delle Clarisse.[1][2]

Nel corso della seconda guerra mondiale, segnatamente tra il 1944 e il 1945, il castello, situato proprio lungo il confine tra la zona meridionale dei Paesi Bassi, già liberata dall'occupazione tedesca, e la zona settentrionale dei Paesi Bassi, ancora occupata, dovette resistere alle granate delle truppe alleate.[1]

Nel 1957, il castello divenne di proprietà dello Stato, che lo fece restaurare, riportandolo allo stato originale.[2]

Leggenda[modifica | modifica wikitesto]

Al castello Ammersoyen è legata una leggenda che riguarda la figlia di Joris van Arkel e della moglie Anna van Lokhorst.[1]

La leggenda racconta che quest'ultima si innamorò di uomo di basso rango e per questo fu costretta dai genitori, che non lo consideravano un buon partito, ad entrare in convento.[1]

Nella notte che doveva precedere l'ingresso della giovane in convento, venne data una festa nel castello con molti invitati.[1] Il suo innamorato decise di liberare la ragazza appiccando un incendio, allo scopo di far defluire le persone presenti.[1]

L'incendio però si propagò in modo tale da provocare la distruzione del castello e - nel tentativo di salvare quanto possibile - gravi ferite a Joris van Arke, ferite che lo portarono in seguito alla morte.[1]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h i j k l m (NL) Kasteel Ammersoyen, su absolutefacts.nl, Absolute Facts.nl. URL consultato il 28 aprile 2016.
  2. ^ a b c d e f g h i j k (EN) Ammersoyen Castle, su castlesontheweb.com, Castles on the Web. URL consultato il 28 aprile 2016.
  3. ^ (NL) Kasteel Ammersoyen, su monumentenregister.cultureelerfgoed.nl, Monumentenregister. URL consultato il 28 aprile 2016 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).

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